“Dada tracta est” diceva qualche tempo fa la presentatrice Simona Ventura in una puntata dell’Isola dei Famosi creando una versione personale del celebre detto latino, più conosciuto nella sua traduzione italiana.
“Il dado è tratto” (Alea iacta est) è un motto utilizzato per comunicare una decisione inderogabile. Come scrive Gaio Svetonio Tranquillo nel suo “De vita Caesarum”, Giulio Cesare avrebbe proferito questa frase dopo aver varcato il Rubicone insieme a 11 legioni formate da 50mila uomini armati. Il generale rientrava dalla Gallia Cisalpina, identificata con l’attuale nord Italia. Con questo gesto si mise in aperto conflitto con Roma, scatenando la guerra civile. Fin dai tempi antichi, i dadi hanno rappresentato il gioco d’azzardo per antonomasia, forse più delle carte. Lo testimonia anche l’origine della parola “aleatorio”, usata per indicare un evento che dipende dal caso.
Un antico manuale
Agli anni Sessanta del Cinquecento viene fatto risalire il “Liber de ludo aleae”, opera di Girolamo Cardanonella quale l’eclettico intellettuale indaga sui rapporti tra gioco d’azzardo e probabilità, indicando anche i modi per barare in maniera efficace. Lo stesso Cardano fu professionista del gioco d’azzardo, dedicandosi con fortune alterne a dadi, carte e scacchi. Suo figlio Aldo perse in questo modo ingenti somme di denaro e arrivò a rubare in casa del padre, venendo da lui denunciato.
Mozart gioca a dadi
Proseguendo lungo la linea del tempo, dalla seconda metà del ‘700 divennero popolari i giochi musicali, ovvero sistemi per comporre musica utilizzando metodi aleatori come il lancio dei dadi. Nel suo minisaggio “Mozart gioca a dadi” Sergio Giudici del dipartimento di Fisica dell’Università di Pisa ricorda il “Gioco filarmonico” ideato da Franz Joseph Haydn (1793) e il ““Musikalisches Würfelspiel” (gioco dei dadi musicale) di Wolfgang Amadeus Mozart.
Anche quest’ultimo gioco venne pubblicato nello stesso anno del Gioco filarmonico, due anni dopo la morte di Mozart. “L’attribuzione a Mozart è incerta, potrebbe trattarsi di un’astuzia editoriale per incrementare le vendite” mette in guardia Giudici.
Componi il tuo minuetto
Attraverso questo sistema, scrive Camilla Persello sul Messaggero Veneto “è possibile comporre, in modo automatico, un minuetto strutturato secondo lo schema ‘base’ utilizzato all’epoca, suddiviso in una prima parte, il minuetto vero e proprio, una parte centrale detta ‘trio’, poiché suonata da tre strumenti solisti, e una terza parte che ripropone il minuetto iniziale. Ogni parte del brano è costituita in genere da 16 battute (i valori, costituiti da note e pause, compresi tra due barre verticali dette stanghette, ndr) ed è proprio questa semplicità strutturale che rende possibile creare composizioni in modo automatico. Il gioco prevede l’utilizzo di due tabelle, una per comporre il minuetto e l’altra per il trio”.
Il metodo
La prima tabella consta di 176 caselle, ripartite su 11 righe e 16 colonne. A ognuna di queste è abbinato un numero, che rimanda a una battuta composta dallo stesso Mozart. Si comincia dalla colonna 1: il risultato del primo lancio di due dadi, sottratto di uno perché le righe sono solo 11, servirà a individuare la riga e quindi la battuta corrispondente. Con un analogo procedimento si passa quindi alle colonne 2, 3, e così via, per ognuna delle 16 battute del minuetto. Per la composizione del trio viene proposta un’altra tabella che consta di sole sei righe e quindi prevede l’utilizzo di un solo dado.
Come truccarsi i dadi in casa
Nell’arco dei secoli sono stati architettati diversi metodi per barare al gioco: su Internet è possibile reperire molte informazioni, in particolare su come fabbricarsi in casa dei dadi truccati. Per far sì che escano più frequentemente alcuni numeri rispetto ad altri è necessario che il dado sia più pesante da una parte: per far ciò è possibile forare i dadi con una piccola punta o scaldarli usando il cruscotto dell’auto in un giorno di sole, il forno microonde o l’acqua bollente per sfruttare l’azione deformante del calore.
Cresce la clientela dagli occhi a mandorla
Casinò di ogni epoca hanno dovuto fronteggiare giocatori che si volevano arricchire in maniera più o meno lecita. Da qualche tempo, inoltre, le case da gioco devono far fronte anche alle esigenze di una clientela sempre più internazionale, che proviene soprattutto dall’Estremo Oriente e ha piacere di ritrovare i giochi del suo Paese anche sui tavoli verdi occidentali. Uno di questi, spiega il croupier Marcello Cascone sul suo blog, è il sic bo, nel quale vengono utilizzati tre dadi. Le procedure interne di sorveglianza delle case da gioco, afferma tuttavia il direttore di Gaming School Cascone, rendono più difficile la sua pratica nella versione tradizionale.
Gioco e superstizione
Per molti cinesi e asiatici sud-orientali, ricorda lo stesso croupier “i numeri 4 e 7 sono considerati sfortunati. La parola che indica il numero 4 ha un suono simile a quella utilizzata per definire il concetto di ‘morte’. Gli hotel omettono i numeri 4 e 7 per indicare i piani. All’opposto, i numeri 6, 8 e 9 sono considerati fortunati. Il numero 8 indica prosperità: non a caso la cerimonia di apertura dei giochi olimpici a Pechino si è tenuta alle ore 8.08 dell’8-8-2008”.
Lanci fortunati
A giudicare dal soprannome Nakowa, potrebbe essere di origini asiatiche il misterioso giocatore che all’inizio dell’autunno 2013 riuscì a vincere in un fine settimana 11mila bitcoin sul sito just-dice.com (al cambio dell’epoca corrispondevano a 1 milione e 300 mila dollari).
Il business dei dadi online
Il business dei dadi online sembra piuttosto redditizio se, come rivela “The Daily Dot”, nel luglio 2013 il sito SatoshiDice, il primo casinò online ad accettare i Bitcoin, è stato venduto per 11 milioni e mezzo di dollari (la piattaforma garantiva un guadagno di 400mila dollari al mese).
Milano capitale dei dadi?
Con la diffusione del gioco in Internet è forse scemato l’interesse per il gioco d’azzardo “dal vivo” praticato nelle bische clandestine. A Milano, per esempio, fino a tempi recenti un luogo deputato a questo scopo erano i prati che costeggiano via Palmanova, vicino alla Tangenziale. La bisca di via Palmanova, riporta Repubblica in un articolo del ‘94, era gestita dal boss Angelo Epaminonda, detto il Tebano, il quale “negli anni 80 prendeva ‘la cagnotta’, cioè il 10 per cento di ogni puntata, per garantire la regolarità del gioco. Ai tempi d’oro dei clan catanesi, era proprio il Tebano a portare pochi grandi ombrelli ai giocatori, da usare in caso di pioggia per muoversi tutti in piccoli gruppi e non calpestare i dadi nel fango”.
Tutte le bische della città
Il Corriere della Sera riporta però che il più celebre punto di ritrovo era l’Arena, nella parte che dà su via Legnano: “Ruggero F., idraulico ed elettricista operante in zona Garibaldi, ricorda che addirittura questa bisca all’aperto fu delimitata con la vernice. Si cominciava dopo la mezzanotte, quando chiudevano i bar”. Riferisce l’artigiano al quotidiano milanese: “Venivano noleggiate anche le sedie. Si vendevano sigarette, bibite, ovviamente liquori e munizioni da bocca (viveri, ndr)”. A Milano negli anni Sessanta si giocava ai dadi anche nel quartiere Giambellino e nelle piazze Meringo, Piemonte e Delle Crociate“ma al quartiere Isola e in via Palmanova l’attività non cessava nemmeno di giorno”, spiega Ruggero. Proprio la fabbrica del Testa al quartiere Isola di Milano avrebbe ospitato la più grande casa da gioco clandestina: “All’ingresso c’era un grande tavolo per i dadi, che all’occorrenza veniva utilizzato per le carte” ricorda l’idraulico meneghino. Il proprietario era un tipo che non passava inosservato: “Girava per la città in bicicletta con un vestito bianco, scarpe pinguino, panama e scimmietta sulla spalla”.