Associato spesso a un mondo un po’ antico e demodè, il bridge resta il gioco di carte più disputato a livello internazionale, oltre che uno dei pochi nei quali la componente aleatoria è praticamente assente.
Sono numerose le ipotesi riguardanti l’etimologia del nome, che potrebbe aver avuto origine dal legame-ponte (bridge in inglese) tra i compagni della stessa coppia, dall’antico gioco russo del biritch, dal turco bir-üç (uno-tre), dallo slavo bric (tagliare) o dall’arabo “biric” (banditore). La nascita del contract bridge moderno, alla quale contribuì il fondatore della rivista “Bridge World” Ely Culbertson, viene fatta risalire al ’25.
Il ponte fascista
L’italianizzazione dei termini imposta in Italia durante il Ventennio dal segretario del Partito Nazionale Fascista Achille Starace ebbe effetti comici non voluti. Cocktail, per esempio, divenne “coda di gallo”, mentre “tennis” si trasformò in “pallacorda”, nome che in realtà designa un gioco antecedente al tennis, nato nel XIII secolo. In virtù di queste nuove regole il gioco di carte del bridge si trasformò nel “ponte”.
“Negli anni Trenta cominciarono a costituirsi i primi organismi internazionali e il bridge divenne un’attività agonistica – riporta il sito della Federazione Italiana Gioco Bridge -. Il contract bridge o più semplicemente bridge, si gioca in quattro a coppie contrapposte”.
La fortuna non conta nulla
A conferma del fatto che la fortuna non conta, “le carte rappresentano solamente lo strumento necessario per sviluppare le strategie di gioco.Il bridge viene giocato a coppie con un mazzo di carte francesi (52 carte senza jolly). I membri della stessa coppia si siedono uno di fronte all’altro e prendono il nome di punti cardinali opposti: nord-sud contro est-ovest. A turno ogni giocatore diventa mazziere”. Dopo la distribuzione delle carte avviene la dichiarazione dei giocatori, che può riguardare uno o più giri.
Lo scopo è indovinare il numero di prese che effettueremo durante la fase di gioco vera e propria. “Una presa si effettua quando si riceve una carta da tutti gli altri giocatori –spiega la federazione -. Il nostro punteggio sarà positivo solo se il numero di prese sarà uguale o superiore a quello della dichiarazione. E’ possibile dichiarare ‘passo’, ‘contro’, ‘surcontro’ oppure un colore e un certo numero di prese. Diremo ‘passo’ quando le carte sono brutte e non meritano di essere raccontate”.Nella dichiarazione, però, dovremo superare quella precedente per numero di prese o rango di colore (l’ordine di importanza dei semi è fiori, quadri, cuori, picche e senza). Anche nell’ambito della scala è possibile soltanto salire.
Il morto che gioca
Al termine della dichiarazione una delle coppie attraverso un giocatore si aggiudica il contratto che dà il nome al gioco (contract bridge). Il giocatore che si aggiudica il contratto muove anche le carte del compagno di squadra denominato “il morto”, che restano scoperte sul tavolo. Come nella briscola, nel bridge “può essere stabilito un colore preferenziale (l’atout), che possiede potenzialmente un valore superiore a quello di qualsiasi carta degli altri colori – spiega il sito del Circolo Universitario Genovese -. Potenzialmente in quanto è sempre obbligatorio, nel caso se ne abbiano, calare una carta dello stesso colore giocato dal primo concorrente.
Si è autorizzati a giocare un atout (se lo si desidera, non si è obbligati) solo quando non si hanno più carte dello stesso colore. In questo caso la presa viene vinta dal giocatore con l’atout (in gergo si dice che ha compiuto un ‘taglio’), indipendentemente dal colore dell’atout e della carta dell’avversario. In altre parole, un misero 2 di atout può vincere la presa ‘tagliando’ persino un asso di qualsiasi altro colore”.
L’atout vince sempre
“Lo scopo è totalizzare più prese possibili– scrive la Federazione italiana gioco bridge -. Postulato imprenscinbile è che si deve rispondere con il seme di uscita del primo giocatore (se questi gioca fiori, tutti devono giocare fiori). Non possedendo carte del seme in uscita, potremo intavolare un’atout, giocando qualunque altra carta”.In quest’ultimo caso, è possibile vincere con una carta più bassa. “Il tre di cuori può vincere contro l’asso di fiori, se cuori è atout” spiega la federazione. Esaurita la presa, che è patrimonio della coppia, uscirà per la presa successiva il giocatore che ha vinto la presa precedente. Come in molti giochi di carte, chi vince è il primo che gioca nella mano successiva. Inoltre, l’asso è la carta più alta, seguita da re, donna, fante e carte numerali.
Un gioco complicato?
Da questa prima “infarinatura” si intuisce come le regole e lo stesso lessico specifico del bridge possano sembrare di primo acchito ostici: “Si tratta di una vera e propria lingua straniera che occorre imparare” ricorda la Federazione Italiana Gioco bridge.
Gli sport della mente
“Oltre a un’analisi approfondita della meccanica e dell’economia della roulette – scrive Lamagna – il libro fornisce informazioni difficilmente reperibili per quanto riguarda la storia lontana e recente del gioco d’azzardo, i grandi giocatori che hanno battuto il banco e le loro tecniche, le differenze tra le varianti di questo gioco, gli ingegnosi sistemi da applicare nelle diverse situazioni e con diverse roulette e le qualità necessarie per dominare il gioco anziché esserne dominati. Sebbene le leggi di probabilità dicano che è impossibile battere il banco su un arco di tempo infinito, la statistica riconosce che nel breve periodo è possibile vincere in virtù degli inevitabili fluttuazioni o scarti che frequentemente si manifestano lungo archi di tempo limitati”.
Pokeristi convertiti al bridge
Nonostante queste oggettive difficoltà, negli ultimi tempi alcuni pokeristi come Irene Baroni e Gus Hansen, vedendo affievolirsi la loro fortuna al tavolo verde, hanno deciso di convertirsi al bridge. La 31enne Baroni, tra l’altro, prima di approdare al poker era già stata giocatrice di bridge, una disciplina nella quale anche i suoi genitori avevano ottenuto brillanti risultati. In un articolo per New Humanist pubblicato nell’autunno del 2010 Sally Feldman ricorda il padre appassionato giocatore di bridge.
Rovinarsi giocando a carte
“I giochi di carte sono così onnipresenti nella vita quotidiana che parecchie espressioni della lingua inglese traggono origine da questo mondo – scrive l’autrice – Possono però anche rovinare le persone. Quando noi bambini vedevamo qualche barbone dormire sotto il Waterloo Bridge (un ponte sul Tamigi a Londra, ndr), nostro padre scuoteva tristemente la testa dicendo: ‘Sono quelli che si sono dimenticati di pescare le briscole’”.
Un salutare conforto
Le carte hanno offerto conforto a tante persone, tra cui i 33 minatori cileni rimasti intrappolati nella miniera di San Josè dal 5 agosto al 13 ottobre 2010, osserva Sally Feldman. La giornalista prosegue constatando la posizione della Chiesa, la quale spesso non ha visto di buon occhio i giochi di carte perché nella loro componente aleatoria rappresentano una sfida con il destino.
Bridge e poker sono i giochi del secolo
La Feldman sostiene che tra i quattro giochi di carte più rappresentativi del 20esimo secolo (bridge, poker, canasta e gin rummy), “poker e bridge sono di gran lunga i più affascinanti”. Entrambi si contraddistinguono per la loro complessità, che si riscontra anche nel ricco lessico specialistico. Nel poker, per esempio, abbondano scale reali e scale colore. Allo stesso tempo, però, poker e bridge sono molto diversi uno dall’altro.
Poker interclassista
Secondo la Feldman, il poker consiste in una“sofisticata miscela di capacità mnemoniche, psicologia, statistica, bluff e coraggio” ed è forse “il gioco più interclassista, praticato nei più lussuosi casinò così come nelle bettole più infime. Troverete appassionati di poker tra manovali, romanzieri, truffatori e vescovi. Nonostante la massiccia diffusione su Internet, gente di tutte le classi lo pratica ancora oggi con gli amici o nei club”. Tra i giochi e gli sport, è probabilmente quello che è stato maggiormente rappresentato nei film a cominciare ovviamente dai western, osserva la giornalista.
Agatha Christie e il bridge
Il bridge, all’opposto “viene più spesso associato a colonnelli con la gotta e ai circoli perbene di periferia. I personaggi di Agatha Christie giocano a bridge, quelli di Chandler (giallista statunitense vissuto a cavallo tra Otto e Novecento, ndr) a poker”. Il bridge viene infatti citato in numerose opere della celebre scrittrice Agatha Mary Clarissa Miller (1890-1976).
Quattro sospettati e quattro detective
Uno di queste è “Carte in tavola” (titolo originale “Cards on the Table”). Come suggerisce lo stesso titolo dell’opera, la trama è incentrata sulla componente di rischio e abilità richieste sia nel commettere un omicidio che nel gioco del bridge. Nel romanzo pubblicato nel ’36 l’investigatore Hercule Poirot riceve dall’enigmatico Shaitana un invito a cena: tra gli ospiti vi sono quattro investigatori e quattro presunti assassini che secondo Shaitana non sarebbero mai stati scoperti. Il gruppo dei quattro detective annovera, oltre a Poirot, il sovrintendente Battle, flemmatico ma acuto poliziotto di Scotland Yard, il colonnello Race, affabile agente segreto, e Ariadne Oliver, scrittrice di popolari romanzi gialli. Tra i sospettati, invece, vi sono il dottor Roberts, brillante medico di successo che mostra i segni dell’età, e Mrs Lorrimer, 63enne da lungo tempo vedova ed esperta giocatrice di bridge. A loro si aggiungono il maggiore Despart, galante e intraprendente esploratore, e l’avvenente 25enne Anne Meredith. Nel corso della cena Shaitana parla dei diversi modi nei quali un omicidio potrebbe essere commesso a seconda del mestiere svolto dal suo autore. Alla fine del pasto i detective vengono invitati in un’altra stanza a giocare a bridge, mentre gli altri quattro commensali rimangono nella stanza principale, per giocare sempre a bridge ma a un altro tavolo. L’eccentrico padrone di casa si siede vicino al camino, nella stessa stanza dei presunti criminali.
L’omicidio dopo la partita
Quando gli investigatori terminano la loro partita, Poirot e il colonnello Race, nell’accommiatarsi da Shaitana, lo trovano morto, con una pregevole arma della sua collezione conficcata nel petto. Tutti e quattro gli ospiti negano la loro colpevolezza: gli investigatori scopriranno che dietro a ognuno di loro si cela una morte misteriosa, come tra l’altro accennato da Shaitana a Poirot all’inizio della storia. Il sovrintendente Battle, incaricato di indagare sull’omicidio, decide di condividere le indagini con gli altri colleghi, una pratica inusuale per chi lavora nella polizia. Lui stesso dirà nel capitolo 19: “Mettiamo le carte in tavola e cerchiamo di risolvere questa faccenda”.
Scrittrice da Guinness
Agatha Christie è stata citata dal Guinness dei Primati come l’autore più venduto di tutti i tempi. Secondo l’Index Translationum rimane lo scrittore più tradotto (103 lingue) e in termini di copie pubblicate, le sue opere sono seconde solo a Shakespeare e alla Bibbia. Oltre ai famosi gialli, l’autrice pubblicò alcuni romanzi rosa con lo pseudonimo di Mary Westmacott. Tornando all’articolo di Sally Feldman sui giochi di carte, la giornalista fa presente comeogni forma di caso o fortuna venga meno nel bridge duplicato, nel quale i concorrenti hanno tutti le stesse identiche carte.
Bridge e ragazzi
“Non importa quindi la mano che abbiamo: tutto si basa sull’abilità” scrive la Feldman, ricordando che il gioco del bridge compare anche ne “Il voltacarte”, un romanzo del noto autore per ragazzi Louis Sachar, edito in Italia nel 2012 da Piemme. Come riportano le note della casa editrice, l’opera racconta le vicende di “Alton Richards, rassegnato a trascorrere un’estate noiosissima. La sua ragazza l’ha mollato per il suo migliore amico e sua madre, perennemente a caccia di denaro, lo costringe a scarrozzare in auto zio Lester”.
Voltacarte per forza
Al ragazzo viene anche affidato il compito poco gradito di “voltacarte”dello ziopresso il circolo del bridge (il suo ruolo era ricoperto in precedenza dalla coetanea Toni). L’anziano è “cieco, scorbutico e malato, ma anche molto ricco. Ecco perché la madre di Alton sospetta che tutti quelli che ruotano attorno a lui siano avidi manipolatori”. Una di queste persone, secondo la madre, è la badante Tedora che gira per casa “vestita solo a metà”.Ben presto, però, zio e nipote fanno amicizia e il ragazzo comincia ad amare anche il bridge, decidendo di accompagnare lo zio nel campionato nazionale. Nel libro abbondano i riferimenti a questo gioco, che annovera tra i suoi appassionati lo stesso Sachar, nato nel ’54. Le spiegazioni più tecniche sono scritte con un diverso carattere e vengono contrassegnate con il simbolo di una balena, che consente ai giovani lettori più interessati alla narrazione di saltarle a piè pari.
13enne amante del bridge
Così come Alton ne “Il voltacarte” anche Jamie, 13enne protagonista del film di Steven Spielberg “L’impero del sole” è un appassionato di bridge, oltre che di aeromodelli. La pellicola, uscita nell’87, racconta le vicende di un ragazzino inglese in Cina durante la Seconda Guerra Mondiale che viene separato dalla sua famiglia per rimanere recluso qualche anno in un campo di concentramento giapponese. Nel suo primo incontro con Basie, Jamie riferisce al ladruncolo di stare scrivendo un libro sul gioco del bridge.